mercoledì 31 ottobre 2012

IL CRITERIO DI ROMITI


ROMITI

Che diceva il dottor Romiti? Il dottore partiva dalle scarpe. Metti caso che qualcuno gli venisse davanti “ Buongiorno signor Romiti” “Buonasera dottor Romiti, piacere dottor Romiti sono Tizio”, “Piacere sono Caio”, “Piacere sono Sempronio”. E che fa il Romiti “Piacere, dice, sono Romiti, mi mostri le scarpe!” …Capite o non capite? Lui mica perdeva tempo: gli guardava le scarpe e decideva, lì, sui due piedi ”Sono lucide, sono pulite, hanno le stringhe come dio comanda, sono corte, sono lunghe e allora il dottor Romiti aveva già capito tutto “Questo lo caccio a pedate”, “Questo lo faccio amministratore”, “Questo lo mando in Argentina”.
E i figli, povere anime? Ve li immaginate i figli, poveretti? due figli quattro scarpe, quattro stringhe e sessanta spazzole e giù a lucidarle E santo cielo? Abbiamo impiegato milioni anni a risalire la china dell’evoluzione e capire l’importanza delle scarpe e cosa vogliamo fare? Buttare tutto alle ortiche? Tornare nelle caverne? 
Ma intanto pensiamo alla famiglia del nostro amato dottore. Si sente la macchina del padre che torna dal lavoro e che succede nella casa? “La madre pensa: “Dio mio ma che scarpe ho?” e dice: “Figli miei, arriva papà. mettete a posto le scarpe? “ “Giuseppino, ma cos'hai nei piedi? I mocassini? E che possono fare i poveri Giorgini e Giuseppini loro che han passato tutto il giorno a pulire e lucidare? Quelle scarpe poi, che, maledette loro, sono sempre laggiù a pestare polvere, terra e letame! Ma non poteva il buon dio fare i piedi sopra la testa? …E i servi poi! Tutti a guardarsi le scarpe:“Arriva il dottore…arriva il dottore!
E poi entra il gran Romiti, corrucciato, santo cielo, perché povera anima pure lui, sono anni che glielo insegna a quelle testacce e a quella disbela di moglie come tenere le scarpe, come lucidare le scarpe.  Ma mai che imparino un’acca? “Quanto mi toccherà soffrire ancora prima che capiscono il rude gioco della vita” pensa il grande Romiti in quel suo gran cervello, pieno di lucido Brill. Poi passa in rivista la servitù schierata in fila e controlla quelle scarpe a questi disperati proletari che mica l’han capita l’essenza noumenica delle scarpe e perciò sono servi. “E che fine faranno i miei figli, quando sarò morto? Finiranno anche loro a fare i servi? S’aggireranno raminghi con le scarpe rotte per le vie del mondo?” Ci pensa spesso il Romiti alla sera quando sta per addormentarsi alle tristi vicende del destino, talvolta perverso e crudele “Che farà questa misera famiglia? Finirà sul lastrico? Finiranno senza scarpe? Magari ha appena finito di trombare, il gran Romiti, magari ha impastato come dio comanda le mammelle della moglie, magari ha infilato il suo aggeggio lucidato come dio comanda in quella vulva scioperata e ha pompato come un dannato. Ma che dice il divino Romiti in quel momento supremo? Dice sospirando “Vengo, vengo cara…vengo, vengo con scarpe Aston Villa?” 

SITI AMICI

martedì 30 ottobre 2012

Benedetto Gramellini! benedetto VACCOPOLI!


Insomma qui c’è un errore! Lo vedo perfino io che sono un miserabile Lumpen! Lo vedo e urlo ABBIAMO BISOGNO DI UN CRITERIO OGGETTIVO, di un criterio che ci dica da una parte che quello è saggio, colto, bello, onesto e civile e dall'altra che quell'altro è rozzo, ignorante, volgare, fascista.
Lei che ne dice, Supremo Gramellini?
Cosa Ha detto? Che esiste e che l’ha inventato lei? Mamma mia, ora ricordo. E come ricordo! E’ Stampato nel suo celeberrimo RIDERE E SORRIDERE sul  giornale La STAMPA! Quando? Non ricordo quando perché sono un povero Lumpen Ma è tutto stampato qui nella mia testa?
Anni fa fu per me di grande insegnamento la visione di un film di Woody Allen in un cinema romano. “La dea dell’amore”. Un susseguirsi esilarante di battute fini per le quali in sala mi sembrava di ridere, o sorridere a voce alta, solo io. Ma appena Woody chiese alla prostituta Mira Sorvino se per caso fosse nata a Vaccopoli, dei tizi dietro di me esplosero in uno sghignazzo irrefrenabile. Mi voltai a guardarli: erano i portavoce di due partiti dell’epoca, oggi( ancora per poco) in uno solo.” Da
Ed ecco che la nostra aquila di Torino ha varato un definitivo test per sapere se un individuo è bello, gentile, colto, fine, intelligente, civile e solidale o appartiene a quella rozza sfacciata armata di delinquenti e ignoranti, a quella congrega di due partiti dell’epoca, oggi uno solo ma, attenzione!, ancora per poco). Il criterio è infallibile: Prendi un tizio, Gli fai vedere il susseguirsi (esilarante) di battute finissime del film La dea dell’Amore di Woody Allen e se alla parola ‘Vaccopoli’, esplode in uno sghignazzo irrefrenabile, sei sicuro che appartiene a quella banda ( allora due partiti, oggi in uno solo ecc. ecc.).
Non è neppure necessario metterli davanti al Film. Basta pronunciare la parola ‘Vaccopoli’ ed ecco che gli ex-Alleanza Nazionale ed ex-Forza Italia esplodono nel solito irrefrenabile sghignazzo mentre i similGramellini sorridono al susseguirsi di battute finissime anche se nessuno pronuncia alcun susseguirsi di battute finissime.
Abbiamo dunque finalmente un criterio sicuro e affidabile. Utilissimo poi nelle ricerche di mercato. Con l’infallibile metodo Gramellini pigli un tizio, pronunci ‘Vaccopoli’ e se il tizio scoppia in un Ah, Ah; AHAh, Ah; AHAh, Ah; AH,  allora è un berlusconide. Benedetto Gramellini!
Anni fa ricordo (mi è ammesso ricordare anche se sono un lumpen?) un’intervista al sommo Romiti, non grande come il nostro mitico Gramellini ma, insomma, uno s’arrangia come può.

lunedì 29 ottobre 2012

Ancora il SUPREMO GRAMELLINI e LA PROCACE MINETTI - Si AMANO?


Ancora Gramellini Minetti

Ma perché, signor Gramellini, civilissimo, decoratissimo le ha dato tanto fastidio?. Perché l’ha tanto indignata la signora Minetti che si esibiva in passerella? Ingaggiata come indossatrice ha fatto l’indossatrice. Si indigna altrettanto, Illustre Cittadinissimo giornalista, quando un parlamentare regionale o addirittura nazionale esercita come avvocato o come commercialista o come giardiniere o come geometra o COME GIORNALISTA?
Bisogna concludere allora che è proprio la signora Minetti in congiunzione col mestiere di indossatrice a scandalizzare tanta generosa, bella, brava, colta, intelligente e civilissima elite? Tanto popolo! Tanta Gente! Tanta società civile!
Quando si è consiglieri regionali si può tranquillamente fare l’avvocato, il commercialista, il personal trainer, il giornalista ma non sfilare sulla passerella? Tantomeno in bikini? Soprattutto se sotto questo Bikini c’è quella porcella della signora Minetti?
Ma non abbiamo appena concluso che se si vuol vendere i bikini si sfila in bikini e non in pelliccia?

Non è che Lei ha dei pregiudizi verso il lavoro di indossatrice? O verso la Milano della Moda? Non è che Lei è uno di quei banali chic e moralisti che guardava scandalizzato la Milano da bere? Quella stessa Milano che con la moda, con le sfilate, con l’atelier, il laboratorio, gli alberghi, ricevimenti, le feste, le nottate creava lavoro, tanto lavoro, personalità, stipendi, tanti stipendi. Lavoro pulito, lavoro da esportare, lavoro che porta il nome italiano in tutto il mondo.
C’è qualche esagerazione di troppo, qualche chiassata di troppo, qualche orrida esposizione di stravaganze e di nudità? Troppa allegria? Troppe ninfette?
Ma non era lo stesso spettacolo che in anni precedenti offriva Roma con l’industria del cinema, con le sue feste, le sue ninfette, le sue chiassate?
Allora sì e oggi no?
Allora c’era Fellini e oggi no? Allora c’era la sublime “Dolce vita” mentre oggi c’è la barbara, meschina, volgare “Milano da bere?
Non è che l’insopportabile è proprio la Minetti in sé, in quanto procace Minetti?

Indubbiamente qualcosa di vero c’è, perché , dobbiamo ammetterlo, certa gente, alla fin fine, è fatta come è fatta. Le nostre mamme e le nostre nonne dicevano “Dio li fa e poi li accompagna”. Quanta ragione avevano! Quanta! Dico a caso dei nomi, Minetti, Briatore, Berlusconi, ecc. ecc. e butto lì altri nomi. Anzi non butto proprio, perché sono pigro, sono lumpen e rimando a domani.
Del resto proprio perché sono Lumpen, stupido, egoista, ignorante, testa vuota e pigro parlerò di Lei almeno per una ventina di Post. Noi Lumpen ecc. ecc. 
Appassionati saluti  Lumpen filosofia

venerdì 26 ottobre 2012

BIKINI GRAMELLINI


Ed eccolo puntuale il nostro sommo Gramellini il signor Buongiorno, l’aquila di Torino! Eccolo puntuale a esprimersi (il 24/09) sul Bikini di Stato, ovverosia sulla scandalosa Lumpen Minetti! Potevamo dubitare che il radical chic, che l’elitario, che il moralista, che l’ipocrita (A nostro avviso naturalmente!) Gramellini non s’abbuffasse con un tema così succulento? Non siamo tutti tanto , tanto felici e grati al Nostro che come sempre ci dirà con leggerezza importantissime cose sul Bikini di Stato indicando a noi sordidi Lumpen la retta e la buona via con un’altra della sue novelle o parabole? Ed infatti ecco che subito il Nostro esprime una condivisione con il molto onorevole Frattini che definisce una porcheria l’aver candidato la signora Minetti.
Come non approvare quell'acutissimo e civilissimo senso della civiltà democratica che spinge il nostro non per bieco moralismo ma per intimo, morale, etico senso civico tipico del suo essere che come tutti gli esseri denominati Cittadini di prima classe?
Tutti
Belli, bravi, solidali, morali, etici, civili anzi civilissimi, intelligenti, colti
Belli, bravi, solidali, morali, etici, civili anzi civilissimi, intelligenti, colti
Belli, bravi, solidali, morali, etici, civili anzi civilissimi, intelligenti, colti
Tutti rigorosamente e civilmente attivi
Contro
I famigerati, sporchi, indecenti, nuovi barbari Lumpen
?

Come non approvare quell'intima rivolta contro quella Lumpen rappresentante delle istituzioni, la signora Minetti, che ha (ATTENZIONE! ATTENZIONE! )
Sfilato in bikini sulle passerelle dell’alta moda a Milano.

Incredibile e scandaloso Davvero signor Gramellini!
Non un insopportabile eccesso di moralismo sabaudo ma una sacra ed etica indignazione per questa Minetti.
Ma come osa questa M…i   e m…a?!

Che ha fatto quest’infame, questa lumpen? Che Ha fatto? Che ha fatto? Ha sfilato! Ha sfilato! In Bikini ! In bikini!
Urgono davvero delucidazioni:
Le sembrerà incredibile signor Gramellini ma questi strani esseri chiamati stilisti se vogliono vendere cappotti le fanno sfilare in cappotto e non in Bikini mentre se vogliono vendere Bikini le fanno sfilare in BIKINI e non in cappotto. A meno che siano scemi. Comunque può sempre provarci lei. Si trasformi in stilista, progetti cappotti e sfili in bikini, progetti Bikini e sfili in cappotto Nel primo caso di solito si venderà Bikini e non cappotti, nel secondo Cappotti e non bikini ma siamo tutti sicuri noi lumpen che gli illuminati della suprema èlite, della somma società civile riusciranno senza problemi a sfilare in cappotto e vender bikini, a sfilare in bikini e vender cappotti. Ma chi se ne frega poi! noi siamo cretini, lei ha il cappotto e lei come tutti i sommi sapienti è
Bello, bravo, solidale, etico, civilissimo, intelligente, colto
Bello, bravo, solidale, etico, civilissimo, intelligente, colto
Bello, bravo, solidale, etico, civilissimo, intelligente, colto

Chiarito che lei è Bello, bravo, solidale, etico, civilissimo, intelligente, colto, Chiarito che la signora doveva sfilare in cappotto per far vendere bikini, chiediamoci perché la porcelle sfilava, perché l’eletta sfilava, perché la nominata sfilava perché questo lo dobbiamo chiarire e dirlo chiaramente, denunciarlo chiaramente, come fa il nostro Gramellini.
Ma questo al prossimo Post perché? Perché noi siamo LUMPEN
Perché siamo Pigri ignoranti barbari ecc. ecc, Pigri ignoranti barbari ecc. ecc Pigri ignoranti barbari ecc. ecc.

mercoledì 24 ottobre 2012

WWWIVA I LUMPENCITTADINI, WWWiIVA I CAFONAL


ANCORA SU PROF PANORARI nonchè MASSIMILIANO SOMMO INVENTORE DEL CAFONAL

Dobbiamo dire “Non ne possiamo più di questa elite  con la puzza sotto il naso che si crede Dio”, dobbiamo dire “Non ne possiamo più di questa e’lite che ci crede noi cacca”, NON ne possiamo più di questa èlite che ci crede scimmie da ammaestrare”.
Cacca è questa elite, Scimmia è questa elite Cacca sono questi innominabili strami di puttane gioviane, questo golpisti che pretendono di insegnarci cosa i deve guardare, cosa si deve mangiare, chi si deve votare.
Non ve ne siete accorti  E’LITE DE CAFONAL CHE L’ERA DI “NON È’ MAI TROPPO TARDI" è FINITA? Che non potete più fare il bello e il cattivo tempio? Che quello che non piace a voi ipso fatto va tolto dai piedi, eliminato, schiacciato sotto i cartepiller?
RIBELLIAMOCI
contro questo vippame cultutal chic che, non solo spense e spande con la scusa della cultura, ma  che indipendente mente dagli ascolti e quindi con sommo disprezzo di coloro che ascoltano, dei CITTADINI CHE ASCOLTANO E CHE PAGANO LE TASSE
E CON LE TASSE
TUTTO IL CULTURAME LORO CHE È CULTURA SOLO PERCHÈ LO DECIDONO LORO E LO SPENDONO LORO!
Che ci piaccia o non ci piaccia L’ISOLA DEI FAMOSIO, che si guardi o non si guardi L’ISOLA DEI FAMOSI, ribelliamoci contro questi infama che decidono che NOI non possiamo guardarla perché LORO non lo vogliono, perché NOI siamo lumpen, perché NOI siamo feccia.

Echicazzosonoloro?
E chi cazzo è Massimiliano Panarari che ci da dei CAFONAL?  Protestiamo col Giornale LA STAMPA
Che ci piaccia o non ci piaccia L’ISOLA DEI FAMOSI non sono quelli che distribuisco il titolo regale di Cafonal a decidere. Che Cafonal sarà lui, che noi siamo dei CITTADINI.
NON LASCIAMOVCI METTERE IL PIEDE IN TRESTA dai Cafonal e dalle Madame che arrivano dalla banca d’Italia. Dai chic, dalle èlite che arrivano dalla Banca D’Italia.


SITI AMICI

martedì 23 ottobre 2012

SERVIZIO PUBBLICO- IL PORTAVOCE DELL'ELITE - WWW ANTI LUMPEN RAI


WWW POPOLO. COLTO:IT   WWW: MENO MALE CHE CI SONO LA PRESIDENTE TARANTOLA  E IL PANERARI MASSIMILIANO A SALVARE NOI POVERI CRETINI et IMBELINATI

“Parafrasando l’astronauta Neil Amstrong, si potrebbe dire un piccolo passo per la RAI, un grande balzo per il servizio pubblico”.
Mamma mia che felicità! Che farà ora questo nostro amato servizio pubblico? Che farà questa nostra amata RAI? Che è questo benedetto servizio pubblico? Ce lo spiegherà finalmente l’articolista di cognome Massimiliano e nome Panarari o viceversa? Ma che bel nome! Ma che bel cognome! Ci voleva proprio un Massimiliano Panarari! Finalmente Ma dove li vendono questi Massimigliani Panarari? Ne voglio uno! Ne voglio due! Anch’io! Anch’io Tutti Vogliono questi Novelli Panarari! Tutti li vogliono! Tutti li cercano Pannarari di qua. Panarari di là! Sono il mastino della tivù, Sono il custode della virtù. Trallarlallù Ttrallarllalù
Ed Ecco la notizia in virtù della quale il nostro amato servizio pubblico, quello per cui paghiamo il canone, quello che dovrebbe darci così tanto in più dell’infame et famigerata tivù berlusconiana che santo cielo è gratuita! che altro santo cielo, ci mancherebbe altro! con tutta la pubblicità che ci fa soffrire, ci mancherebbe altro! con quello schifo di programmi che dobbiamo sorbirci noi poveri esseri cittadini di lingua italica ci mancherebbe altro.
Nessuno ci obbliga a sorbirceli? Ah, si? Davvero? Basta cambiare e passare all’amata RAI per cui si paga il  canone? ma santo cielo. che splendore?
Adesso siamo felici! Davvero felici! Quell’immensa schifezza quell’incivile programma dal titolo LA SPIAGGIA DEI FAMOSI O L’ISOLA DEI FAMOSI o L’INDECENZA DEI FAMOSI chiuderà per sempre e la RAI Radiotelevisione Italiana verrà depurata da questo bacillo, da questa infamia, da questa schifezza, da questo Hamburgher, da questo McDonald, da questa infamia e tornerà pura disinfettata disinfestata alla sua missione di SERVIZIO PUBBLICO.
AMEN
La nostra gloriosa tivù si riappropria del suo significato originario. Eroico! Eroico! Perché EROICO? Perché il programma “godeva di un share significativo [termine radical chic per non dire alto], Perché piaceva a gente [gentaglia, popolo inciviule, lumpen] che amava “Un mix di basic istint, morbosità, e gusto sadico per la sofferenza (o supposta tale) del vip di turno, in un crescendo (tipico) di di spettacolarizzazione trash,

Piaceva? Chi la guardava ci rimarrà male? E allora? E allora? Quello è popolo Lumpen!
Quello è popolo Lumpen!
Quello è popolo Lumpen!
Lo volete capire che è popolo Lumpen! Che è feccia! Che è basic istint! Che è morbosità!  Che è crescendo di spettacolarizzazione Trash!
Che è Lumpen
Che è lsa feccia
Che perfino Marx li detestava e li odiava.
E’ gente a cui noi cittadini Panerari et Massimiglioani nulla dobbiamo! E’ gente berlusconiana della peggfior feccia. E’ LUNPEN  
Gente a cui bisogna insegnare l’ABC delle democrazia perché lo capiscano una buona volta Che O CAMBIANO, O  TOGLIAMO NON SOLO L’ISOLA DEI FAMOSI MA ANCHE IL VOTO, E se non basta Li mandiamo IN GALERA, perché sono nullità perché sono lumpen mentre noi
Siamo l’elite colta intelligente bella    
Siamo l’elite colta intelligente bella    
Siamo l’elite colta intelligente bella    
Siamo l’elite colta intelligente bella    

E’ vero era un galline dalle uova d’ora dal punto di vista delle inserzioni pubblicitarie. E’vero ma  aveva intrapreso una marcia trionfale, contribuendo all’edificazione, - UDITE UDITE LA MASSIILIANRESCA PANENARESCA SENTENZA -  in era BERLUSCONIANA di quella che possiamo chiamare un’egemonia sotto culturale, e dando vita a uno Zeitgeistn (Spirito del tempo per i sottoalculturati abitanti di Berluisconia, sottocultura lumpen della italica terra.)  Ma quando vi acculturerete stupidi esseri! Quando imparerete il forbito linguaggio della nostra luminosa Elite ) così pervasivo da essere riuscito a tracimare abbondantemente anche nella televisione pagata col canone dei cittadini.
ùTra i quali anche QUEGLI STESSI CITTADINI che guardavano con piacere L’ISOLA DEI FAMOSI e tornavano a guardarla e che ora continueranno a pagare il canone ma non a guardare L’ISOLA DEI FAMOSI perché una consorteria di elitaria ANTIBERLUSCONISANA, radica chic o genericamente con la puzza sotto il naso, O GENERICAMENTE DEMOCRATICA SOLO A PAROLE, HA DECISO CHE NOI PUZZOLENTI SOTTOCITTADINI SOTTOACCULTURATI NON POTREEMO VEDERE perché QUELLO CHE A TROPPI DI NOI PIACE, perché A LORO NON PIACE perché
IN QUELLA ARISTOCRATICA E NONDEMOCRATICA TESTA
hanno PAURA DI NOI
Paura dei lumpen
PAURA CHE LA LORPO LUMINOSA ETA’ finisca,
Che la loro sovrastruttura ideologica finisca
che noi li si piglio e li si traslochi dai piani alti Alla portineria

Alla nuova presidentessa non piace? Non me ne frega niente, piace a molti Paganti e allora
Perchè deve decidere  una aristocratica cittadina dei piani alti?
Chi è? Una cittadina più cittadina dei cittadini
Una che proviene dalla aristocratica Banca d’Italia?

lunedì 22 ottobre 2012

IL PROCESSO EINAUDI I puntata

LUMPEN LETTERATURA


DAL ROMANZO  LA CITTA'  E  IL  DEMONIO  di  EZIO  SAIA

CRONACA DEL PROCESSO - Prima puntata
Il fallimento Einaudi


Intanto era uscita l’Enciclopedia Einaudi. Nell’epico Lingotto restaurato dal sommo architetto Piano, in una sala addobbata di fiori, manifesti e copie dell’ Enciclopedia con un ricco buffet di bignole, Baroli e Bonbon, alla presenza dell’alta e altissima cultura avvenne l’evento culturale del secolo. Brillavano le maestà del sindaco Chiampa, delle autorità culturali e dei vip; presenziavano grossi e fedeli burocrati, l’altissima elite, i brillanti intellettuali, l’alta e altissima arte.
In quella sede il Sindaco affermò che la grande Enciclopedia Einaudi, con i celeberrimi Bonbon, i palazzi, le chiese, la sindone, la statua di pietra, avrebbero fatto di Torino la capitale culturale d’Europa, per la gloria di tutti i progressisti.
Belli, bravi, solidali, poetici e colti
Belli, bravi, solidali, poetici e colti
Belli, bravi, solidali, poetici e colti
“Come oggi non si può fare a meno dei succulenti Bonbon” proclamò il Gagà, accennando al bacile d’argento colmo di quelle delizie “così domani non si potrà fare a meno di questa meravigliosa opera” e il carro carico di Volumi dell’Enciclopedia entrò solennemente tra gli applausi scroscianti dei presenti al suono di un quartetto d’archi del maestro Viotti.
In un angolo l’Assalonga soffocava e soffriva. Nel tumulto, affannosamente, consultò un volume e, dopo aver letto, sfogliato e toccato con mano, con rabbia, disperazione e dolore, ammise “E’ proprio come la volevo … l’Enciclopedia del secolo… un monumento al pensiero, una nuova Diderot…. Ma perché gli ho venduto l’Enciclopedia?”
Continuò a chiederselo il derelitto Assalonga mentre scorrevano giorni di strabilianti vendite “Ma perché gli ho venduto l’Enciclopedia?” Guaiva prendendosi la testa fra le mani, mentre il Gagà, sorridente, dichiarava in tivù “Si vende come il pane! Si vende come i Bonbon: tutti la vogliono, Enciclopedia qua, Enciclopedia là, sono il signore della città.”. “Ma perché gli ho venduto la mia Enciclopedia?” guaiva l’Assalonga di fronte a quel Gagà gongolante, sfavillante, scoppiettante, ridente.
Quella fu il giorno peggiore della sua vita. Il giorno in cui, toccato il fondo più nero del pozzo, evitò l’infarto solo perché le sue povere arterie non ebbero neppure la forza di chiudersi. L’estremo spasmo non trovò i muscoli; i nervi palpitarono invano, la luna lo irrise e lui, salvo per ignoto miracolo, s’accucciò nel buio di quell’orribile pozzo.
Poi cominciarono le voci dissenzienti. “E’ un’opera orribile!” gli confessò il suo consulente fiscale: ” Nelle materie che conosci trovi solo banalità, nelle altre non ci capisci nulla. A che serve? Cerchi “funzione” e trovi un labirinto di formule. Cos’è una funzione? … Mistero!”, “Lo dice per consolarmi” guaiva l’Assalonga dalla profondità del suo pozzo “Lo dicono tutti” replicò il consulente e per l’Assalonga fu come approdare a un’oasi dopo mesi di deserto “Possibile?” si diceva e cominciò l’ardua risalita del pozzo.
“Non ne vendono più” riferivano le spie “il magazzino è pieno di Enciclopedie: montagne di Enciclopedie, grattacieli di Enciclopedie. Sa che le dico Assalonga? Che presto dovranno mangiarsele” Lo smunto Assalonga ingrasso di tre chili “Chi le dovrà mangiare?” Chiese l’Assalonga “Il Gagà e quei puzzoni dei suoi autori?”,
“Ma è un’Enciclopedia?” ridacchiò con sarcasmo il direttore del suo settimanale “Cerco ‘Carlo Martello’ e non lo trovo, cerco ‘Fegato’ e non lo trovo, cerco ‘infarto’ e non trovo! Ne ho comprato una e adesso che me ne faccio? Scrivo al grande Sotutto e gli dico ”Caro Sotutto, vieni a riprenderti questo rottame e restituiscimi i soldi”.
“Non serve a nulla” si sfogò un suo revisore: cerco ‘Carlo Martello’ e non lo trovo, cerco ‘Fegato’ e non lo trovo, cerco ‘San Gennaro’ e non lo trovo; persino i radical chic in privato sussurrano “E’ una schifezza: il popolo trova solo ciaciara filosofica e latra “Ma dov’è Garibaldi? Dov’è San Gennaro? M’han fatto un bidone!”.
Uscito dal pozzo l’Assalonga ormai scalava i cieli più alti, rideva alla luna, irrideva agli autori e al Gagà: “Loro che hanno sempre avuto la puzza nel naso! E che farà l’elite? Mangerà Enciclopedie?” abbaiava sarcastico l’Assalonga che, ai sette cieli, cominciò a telefonare agli autori del Gagà “Disprezzavate l’Assalonga? Mangiavate Abbacchi e Bonbon? Ebbene ora mangerete Enciclopedie!” e rideva come un matto, l’Assalonga, mentre gli scandalizzati chic gli sbattevano in faccia il telefono chiamandolo fascista, serpe e teppista.
“L’enciclopedia?” rispondeva qualcuno “Va come il burro!”
Ma intanto il Gagà non pagava i fornitori, non pagava gli autori, emetteva farfalle;
“Piange il Gagà?” rideva l’Assalonga “Sforna farfalle?”
Ma il nemico non si arrendeva. Non solo difendeva l’Enciclopedia, proclamandola summa di saperi e di concetti, ma preconizzava riscatti imminenti. “Non solo i traditori, non solo gli intellettuali si ricrederanno e capiranno, ma anche i fornai e gli idraulici. Tutti toccheranno con mano che senza l’Enciclopedia non si può vivere e allora L’Enciclopedia, l’editore Einaudi, la città di Torino, Togliatti e Castro, torneranno a risplendere e L’Enciclopedia, come la biblioteca di Alessandria, come i giardini pensili di Babilonia, come il Colosso di Rodi, diventerà l’ottava meraviglia del mondo. I giovani sfileranno con le bandiere dell’Enciclopedia e urleranno nei cortei:
Noi siamo belli, solidali, intelligenti e colti.
Noi siamo belli, solidali, intelligenti e colti.
Noi siamo belli, solidali, intelligenti e colti.
All’Assalonga venivano i brividi e un giorno esternò le sue paure al presidente Gauss che capì il suo dramma e gli giurò che il Gagà sarebbe fallito. “Perché” disse al provato Assalonga, “Questa non è un’Enciclopedia, ma una serie di articoli di luminari, che non sono luminari, ma solo lunari. E poi non c’è il mio nome e si vede: cerco Carlo Martello e fra duemila anni sarò ancor lì a cercarlo, leggo “funzioni” e non ci capisco nulla, eppure sono il critico Gauss mica il Gagà!” L’Assalonga se lo abbracciò tutto. Sì, c’erano stati malintesi fra loro, ma ora faceva il mea culpa. Osava il critico Gauss, con lauto compenso, incalzare la cupola di sinistra?
Il critico Gauss rispose all’appello e uscirono così sui giornali dell’Assalonga, a sua firma, tre feroci colonne: chi erano questi numi? Chi era Amsterdamsky disseminato qua e là come cicuta, chi era l’eccellentissimo Valerio Valeri disseminato come il prezzemolo? Amsterdamsky? E chi era Amsterdamsky? Eco? E chi era Eco? Aveva scritto La Critica della Ragion Pura? Eco? E chi era Eco? Aveva notato l’alta cultura come tra le firme non compariva quella di Gauss? “Volevano elevare la torre del sapere ed è nata la nuova Babele” Concludeva l’articolo, “E allora crolli Babele! Crolli Gomorra, crolli quell’infida Enciclopedia, torbido labirinto dove poveri cittadini si sono smarriti per sempre nella vana ricerca di Carlo Martello, Filippo il bello e Giovanna la pazza!

Anche il caffettaio insorse: “Come ti sei permesso di accostare quella schifezza ai miei supremi bonbon?” E fece pubblicare sul quotidiano La Stampa: “Questi meravigliosi Bonbon ( foto dei Bonbon ) non hanno nulla a che fare con queste schifezze (foto di una stele diroccata di volumi)”. L’intera confraternita chic gridò all’orrore e inviò roventi e sdegnate proteste di fuoco, ma i bonbon correvano e l’Enciclopedia marciva. La confraternita chic replicò che vivendo tutta Torino, compresi i bonbon, nell’aura fatata creata da Gramsci, Togliatti, Pavese, i due Levi ecc. ecc. l’Aura aveva impregnato i bonbon e fatto il miracolo. Il caffettaio rispose che quelle supreme delizie non erano figlie di aure ma della sua sana e geniale famiglia risalente a Colombo. La chic definì il caffettaio rozzo fascista e lui replico che i bonbon del fascista arrivavano a Tokio, a New York, a Pechino, a Mosca e a Luxor nella valle dei re. Rivelò poi come anche i radical chic se li pappassero nei loro lussuriosi festini, pagati dal latte succhiato dalle poderose mammelle di stato.
Ma i chic inserirono il coro:
Noi siamo belli, bravi, intelligenti, colti e solidali.
Noi siamo belli, bravi, intelligenti, colti e solidali,.
Noi siamo belli, bravi, intelligenti, colti e solidali,.

Queste diatribe infastidirono appena l’editore Assalonga estasiato di fronte al collasso del grande Gagà, che affondava nei debiti. Seppe che il Gagà aveva emesso tratte fasulle per milioni e milioni e così venne il giorno in cui l’Einaudi fallì e l’Assalonga pranzò a caviale e champagne.
“Bancarotta e condanna sicura!” lo rassicurò l’avvocato “quattro anni non glieli toglie nessuno”,
“Sicuri?”,
“Sicuri!”
“Anche se intervengono il sole, i soviet, i banchieri?”
 “Dorma tranquillo!”
E lui se la dormì prosperando felice e quando il Gagà fu arrestato, ascese al decimo cielo. Arrivava sorridente in ufficio, rideva senza ritegno, non aveva più freni, ballava, esultava chiamava l’amante, telefonava in Einaudi. Gli fu detto che era volgare e brindò ad aragoste e champagne.
Seguiva il processo, lo commentava e scoppiava in grandi risate dicendo: “Che bello essere fuori mentre l’infido è dentro. Glielo dicono che fuori c’è il sole? Che l’Italia sta bene e io sto bene?” Telefonava agli autori “Mi passa il Gagà? Posso portargli le arance? Mangia farfalle? Ma il coro, dai chic ai titani, dalle case ai palazzi, saliva potente.
Noi siamo belli, bravi, solidali, intelligenti, colti.
Noi siamo belli, bravi, intelligenti, colti e solidali.
Noi siamo belli, bravi, intelligenti, colti e solidali.
L’Assalonga rideva di giorno e di notte, rideva di mattina e di sera, se la rideva in ufficio e al telefono, finchè venne il giorno in cui Balivo reclamò la sua anima
“Pronto?” abbaiò l’Assalonga,
“Pronto, sono il demonio! Telefono per riscuotere l’anima”
Ma l’Assalonga rise “Il diavolo? Ha, Ha, Ha,  Ha, Ha, Ha, e rise quando la voce fece tremare il telefono dicendo che i patti erano patti, che il Gagà era in galera e che lui doveva pagare, ridacchiò:
“E cosa devo pagare?... Perché devo pagare?” rise e abbaiò “Ha, Ha, Ha - Ha, Ha, Ha – Ha, Ha, Ha! Cos’è questo scherzo? Ha, Ha, Ha - Ha, Ha, Ha – Ha, Ha, Ha”, rise fino a che mancò il fiato e allora, chiuso il telefono, raggiunse l’ufficio e, sempre ridendo “Ha, Ha - Ha, Ha, Ha – Ha, Ha, Ha”, raccontò di quel diavolo, ma fu presto richiamato al telefono dal diavolo:
“Dammi l’anima Paga il tuo debito!” latrava la voce
“Vada all’inferno!” abbaiò l’Assalonga che, irritatissimo, telefonò in caserma:
 “Il diavolo mi perseguita” si sfogò, “pago le tasse, arrestate il brigante!”
Cominciarono le intercettazioni e la caccia. Le giubbe sentivano il diavolo esigere l’anima, l’Assalonga sbraitare e l’intercettatore gridare “Arriva di qui, Arriva di là” e correvano a sirene spiegate “E’ nostro! Sappiamo dov’è!”, ma le giubbe arrivavano e il brigante spariva. Telefonava dai bar e le giubbe irrompevano “Chi era al telefono?”, “Un tizio!”, “Com’era?”, “Nero, cornuto, biforcuta la coda!” E i caffettieri ridevano.
Telefonava dalle case private e le giubbe arrivavano, spaventando famiglie, coppie di amanti, solitari individui “Come osate?”, “Vi manda il marito?”, “Vi manda la moglie?” “Vi manda l’Arpia?” finchè in un alloggio grigio, sfitto da tempo, in Via Consolata, un vecchio vicino di casa, dichiarò che sì, che là dentro, donde uscivano strani e inquietanti rumori, doveva vivere il diavolo. “Come sono le voci? Come sono i rumori?” “Gemiti, strida improvvise, lugubri rutti, cigolii sinistri”, e così, sfondata la porta, l’esercito irruppe e arrestò un ometto grassoccio che ammise di essere il diavolo “Sono io il telefonista pazzo”, confermò l’ometto “Ma perché?” chiese la giubba graduata” e l’ometto, scostandosi, mostrò una cambiale firmata Assalonga
“Vede? E’ firmata Assalonga e dice “ Se il Gagà in galera finirà, la mia anima al diavolo apparterrà” Non è un bel verso ma la sostanza è chiara: il Gagà è in galera e lui deve pagare” Al che il maresciallo ordinò
“Mettetegli le manette, lo si porti in galera!” l’ometto protestò dichiarando:
 “Cose da matti!” e continuò a ripetere “Cose da matti! Quello non paga e io vado in galera”
 “Documenti!” chiese il maresciallo,
“Vada nel corridoio, entri nel bagno, esca dal bagno dalla porta dietro la doccia e lì nella vecchia credenza, nel primo cassetto, troverà i documenti” rispose l’ometto. Il brigadiere partì.
“Una camera a cui si accede dal bagno! Mi sembra impossibile” borbottò il maresciallo “Lo si metta in manette!” e fu subito il caos, perché collaborava, l’ometto, ma le giubbe s’ingombravano l’una con l’altra e le manette entravano e uscivano. Una giubba sbraitò, il maresciallo sbuffò ma le manette sgusciarono ancora, le giubbe cominciarono a ridere e il maresciallo perse le staffe: “Lei ci ostacola” disse, ma era evidente, anche al vicino di casa, che l’ometto ce la metteva tutta e così risero tutti, persino il vicino, al che il maresciallo, ricordatosi dei documenti, esclamò “Ma dov’è quel cretino?”

SITI AMICI